Beste hizkuntzetako lanen zerrenda

  Traduzione: Roberta Gozzi

 

 

 

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Un giorno lontano, per paura di assistere alla tua morte, mezzo secolo per l'esilio obbligato dopo la sconfitta contro il fascismo, oggi perché il suo padrone è morto: gli abitanti di Bergara, per la maggior parte del secolo, hanno visto chiuse le finestre della casa-torre di Olaso. Mi piace questo lutto civile di finestre chiuse. Penso che è per te, ogni volta che vengo a Bergara: in questo cortile io vedrò sempre un patibolo, e credo che questo sia ciò di cui ha ora bisogno la tua memoria, adesso che la Spagna ha abolito la pena di morte dal codice civile.

        — Vi diranno che volete fare apologia del terrorismo!

        Jean Claude ha ragione, conosce meglio di me i miei nemici politici. Ora la sua lunga chioma è bianca, ma per il resto continua ad essere l'eterno universitario, ha tardato più di vent'anni a portarmi le fotocopie degli articoli che parlavano di te. Sta preparando un reportage per il 2000.

        — Ma nessuno potrà negare che mostrare la garrota vile in pubblico sia in sé una condanna del terrorismo.

        Nega, lui non crede nella buona fede dei borghesi. Devo proporlo, in ogni caso, ai consiglieri comunali della mia coalizione. Forse un giorno qualcuno, nel municipio di Bergara, chiederà che nel cortile della vecchia prigione venga esposto lo strumento della tua tortura. E se la richiesta sarà accettata, ordineremo che si aprano le finestre del palazzo di Olaso, che si metta fine a questo lutto incosciente, che tutta Bergara veda come le gocce di sangue si trasformano in ciliegie. Ed allora, grazie a te, cominceremo ad essere l'isola liberata che sognava Cienfuegos. Era lui, ne sono sicuro, a depositare un mazzo di fiori rossi sulla tua anonima tomba tutti i venti di agosto, con un nastro che diceva «I tuoi fratelli». Eravamo noi, dicono i patrioti baschi di destra, eravamo noi a fare l'offerta floreale al martire, per denunciare l'oppressione del Paese Basco e colpire l'arroganza della Spagna. Siamo stati noi a dichiarare santo il giorno otto di agosto. Di giorno criminale, di notte angelo benefico, questo è ciò che sei stato per il mio paese per un secolo. Hai fatto più giustizia di quella che credevi, Lilio. Mi vergogno dei miei compatrioti.

        Jean-Claude prende alcuni appunti sul suo quaderno con una scrittura negligente che non capisco, sollevando grandi boccate di fumo dalla sua pipa. Vuole portarmi a Bruxelles, vuole iniziare il documentario nel vecchio L'Os à Moelle, dove abbiamo parlato per la prima volta e con la stessa conversazione.

        — Perché ti sei avvicinato a me? C'erano anche gli altri!

        Gli si è spenta la pipa. Mi parla sostenendola tra i denti.

        — Alcuni avevano già l'aspetto dei trionfatori.

        Non è vero, allora non sapevamo che percorso avremmo fatto, allora non sapevamo che strade avrebbe proposto un sistema omologato in Europa a coloro che Franco aveva quasi ammazzato o condannato all'ergastolo.

        — Vuoi dire che io ero il più ingenuo.

        — Per quelli come noi, a cui piacciono le cause perse, non è difficile riconoscerci.

        — Ho avuto un compagno... si chiamava Txabi...

        — Il vostro primo morto.

        Non me l'aspettavo, Jean Claude mi ha sorpreso. La nostra causa deve essere realmente tra le cause perse. Per lo meno deve amarla.

        — Ha lasciato scritte parecchie cose, «in fondo, io cerco solo di amare, ma la vita si incaricherà di fare in modo che così non sia». A noi non piace la nostra battaglia, siamo contemporaneamente attori e vittime.

        — Perdonami... non pretendevo di paragonarmi a voi.

        Scarabocchia sul quaderno e disegna la prigione e il palazzo degli Olaso.

        — Poi, l'intervista principale la registreremo qui.

        Apparirò dicendo che Jaume e Dolors sono ancora sotto tortura, ma che cosa sa l'Europa della solitudine e della resistenza del tungsteno? Forse oggi riesce a creare coscienza politica in qualcuno chi pretende di essere coerente con i propri ideali? Il filo di tungsteno si spezzò come un collo nella garrota e la luce se ne andò. Di quanti anni avrà bisogno per arrivare al pianeta dei lavoratori?

        — Quel documentario... riuscirete a venderlo a qualcuno?

        — Nelle Fiandre voi baschi avete successo! —mi strizza l'occhio destro, beffardo. Questo vallone ride dei fiamminghi come i francesi ridono dei belgi. Ho voluto stare al gioco:

        — Anche se non siamo mai riusciti a colonizzare il Congo...

        Si toglie la pipa della bocca per ridere, e ride volentieri.

        — Perché non avete avuto un re Leopoldo al quale piacessero gli elefanti! Voi siete ancora nella fase del «Evviva il Paese Basco libero». Voi morite ancora per la patria...

        Chiude il quaderno. Ci alziamo per avviarci verso il centro del paese.

        — In punto di morte, non avrei gridato così...

        Rimane silenzioso e, con uno stuzzicadenti, muove il tabacco. Gli allungo l'accendino. Mentre accende la pipa confesso quello che non avevo potuto dire a Mateo di fronte alla sede del Volsunik:

        — Avrei voluto avere il coraggio di gridare «Germinale!» Questo volevo gridare dal patibolo.

        — Dal patibolo? —mi guarda sinceramente sorpreso senza smettere di aspirare.

        Le tue parole mi avrebbero dato forza, ero disposto a morire come eri morto tu, in una vigilia di spavento, avrei cercato di soccombere con orgoglio. Volevo salire le scale del patibolo senza tremare, pensai che Cienfuegos mi avrebbe trasmesso il suo calore attraverso il legno. Sì, era stato sotto forma di cerimonia che avevo immaginato la mia morte. Mi stavano aspettando e volevo arrivare in tempo come Txabi, come te. E per sopportare con coraggio il morso del gran ratto, avevo bisogno di una ragione intima che tutti gli oppressi del mondo non potevano darmi. Avevo bisogno del tuo metallo, Lilio, duro, perché anch'io dovevo essere capace di sopportare il più alto punto di fusione. Dovevo essere tungsteno, per dare luce. Ed adesso so perché non lo ero.

        — Sei stato ultimamente a Trafalgar Square?

        Non si stupisce. Mi restituisce l'accendino prima di rispondere.

        — L'anno scorso. Perché?

        — Hai visto una donna coi capelli rasati?

        — C'era molta gente, come vuoi che...?

        — Una donna coi capelli rasati, che distribuisce volantini e chiede solidarietà ai passanti del mondo.

        Gli si è spenta di nuovo la pipa. La batte contro il palmo della mano per svuotarla. Si sporca la mano, ma non getta la cenere al suolo. La stringe nel pugno.

        — No, non l'ho vista, non credo.

        — E' su di lei che devi fare il documentario. Per lei uno può vincere la paura di una morte crudele.

        Deposita la cenere in un cestino. Per ripulirsi dalla fuliggine fa una specie di applauso e mi prende per il braccio come se fossi uno studente.

        — La settimana prossima vado in Chiapas. Immagino che avrai qualche messaggio da portare da quelle parti...

        E così come faceva Cienfuegos quando sputava, Jean Claude mi strizza un'altra volta l'occhio destro. La fede nella cospirazione universale sembra renderlo felice.

 

 

 

© Koldo Izagirre
© Traduzione: Roberta Gozzi


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