Beste hizkuntzetako lanen zerrenda

  Traduzione: Roberta Gozzi

 

 

 

—2—

 

Il dottor Stockmann si aiuta con termini italiani nel suo stentato catalano, cosa che aumenta l'importanza del personaggio davanti agli spettatori del Circolo dei Carrettieri. Ma è proprio mentre lui sta parlando che i carrettieri ed i loro invitati interrompono la rappresentazione, si alzano tutti assieme ed iniziano a gridare che è vero, che bisogna procedere immediatamente alla votazione, invadono il palcoscenico ed il dramma resta incompiuto.

        — Alzino la mano quelli che pensano che il dottor Stock... che il dottor Stockmann sia un nemico del popolo!

        Nessuno alza la mano. Un sorriso compiaciuto si dipinge sulle labbra del dottor Stockmann. Gli fai inclinare la testa in segno di ringraziamento, come se ti avessero applaudito per la recitazione.

        — Certo, il dottor Stockmann ha ragione. Questa città è marcia, anche l'acqua che beviamo è marcia, e in nome del quieto vivere vogliono tenerci con la bocca chiusa fino alla morte...

        — A morte la borghesia! —grida una donna.

        Il regista prende la parola, sbucando da dietro il telo che fa da coreografia.

        — Amici, compagni, lo spettacolo non è ancora finito...

        — Non importa —è Tomaso, tra il pubblico—. Abbiamo capito perfettamente il messaggio, non dobbiamo pagare l'acqua anche se ce la portano fino a casa, perché arriva torbida.

        — Ma... amici, compagni, questa è un'opera teatrale... Dovete comprendere che le cose non vanno prese alla lettera, l'autore ha voluto solo fare un esempio...

        Ma ormai è iniziata l'assemblea sulla fornitura di acqua ai quartieri operai e il regista non ha alcuna autorità su quei nuovi attori. Gli dai un consiglio come un vero medico.

        — Felip, è meglio se ci ritiriamo... —e passandogli il braccio sulla spalla lo accompagni amichevolmente dietro le quinte, cercando di non prestare attenzione al tumulto dell'assemblea.

        — Complimenti, Signor Cortiella, Lei è davvero un grande regista!

        L'eccessiva formalità della conversazione tradisce la vostra amicizia.

        — Sì, forse è il miglior spettacolo che abbiamo fatto, e non abbiamo neanche potuto ricevere gli applausi —ma il drammaturgo Felip Cortiella non riesce a nascondere la sua soddisfazione.

        — Abbiamo provocato il pubblico ed il pubblico ha risposto. Non come nel teatro borghese...

        Ti togli dal collo lo stetoscopio rotto e glielo consegni. Felip ti presta nuovamente attenzione solo dopo aver chiuso la valigia in cui tiene il copione. Infila come può lo strumento in tasca.

        — Ho sete.

        Uscite attraversando gli uffici verso la porta posteriore, per non dovere passare in mezzo all'assemblea.

        — Ti è passata la paura?

        — Paura? —Cortiella ti guarda stupito, senza capire—. Paura di che cosa?

        — Hai verificato che hai un buon pubblico, non completamente vittima del conformismo. Non troverai posto migliore per presentare le tue opere.

        Il giovane regista arrossisce come un bambino.

        — Le mie opere? Ma tu come fai a sapere...?

        — Ho letto Els Artistes de la Vida in tipografia... È molto bella.

        Un sorriso nervoso stira le labbra di Felip Cortiella. Confessa umilmente:

        — Ecco... è Ibsen.

        C'è gente per strada, alcuni degli spettatori si dirigono alle loro case, benché l'assemblea non sia ancora finita.

        — Complimenti Cortiella, congratulazioni Giuseppe, è stato uno spettacolo molto bello! —è Jaume Grau, con sua moglie sottobraccio.

        — È vero! —conferma Dolors, guardando entrambi.

        — L'opera non è mia, io non ho fatto che adattarla...

        — Ma... come mai da queste parti? —domandi.

        — Non manchiamo mai alle prime!

        — Credevo che sareste andati al Tibidabo, ne avevate parlato a casa...

        Jaume guarda orgoglioso Dolors prima di rispondere.

        — Per qualche mese è meglio che non cammini in montagna...

        — Congratulazioni! —sembri un po' nervoso.

        — Congratulazioni, sì...! È il secondo, vero? —Felip stringe loro la mano.

        — Siamo in ritardo —ricorda seria Dolors a suo marito, poi, rivolgendosi a te—. Abbiamo lasciato il bambino a casa di mia madre, dovremo prendere il tram.

        — Bene, addio e ancora complimenti!

        — Grazie! —risponde Cortiella; tu alzi la mano in segno di saluto.

        Il tuo regista rimane a guardare la coppia che si allontana.

        — Come si chiama la moglie di Grau?

        — Dolors.

        — È molto bella...

        — Sì? —Guardi il tuo amico con espressione sorpresa.

        — Non me n'ero reso conto fino ad oggi. È veramente molto bella, non vorrei essere a pensione da lei...

        Con un gesto minacci uno schiaffo, ridendo.

 

 

Ti toccano una spalla, tre volte, con la punta delle dita. Ti giri solo dopo aver messo il punto finale alla frase, lentamente e, quando guardi al di sopra delle lenti come fai d'abitudine, ti trovi di fronte il nuovo apprendista, le braccia incrociate, insolente e sfacciato.

        — Cercano te.

        — Chi è?

        — Non lo so, uno con la barba.

        — Uno con la barba? E non ti ha detto come si chiama?

        — Tranquillo, non è la polizia. È solo.

        Tolti gli occhiali e, appoggiatili sulla tastiera, ti incammini verso la porta massaggiandoti il naso.

        — Ciao, Giuseppe.

        Lo riconosci solo dalla voce.

        — Che cosa fai con quella barba?

        — Mi hai detto di non venire qui e non sono venuto. È venuto un altro, sono un altro. Anch'io adesso dovrò cambiare nome. Dimmi, Giuseppe, consigliami un bel nome in modo da non essere più Tomaso... —le parole ti arrivano avvolte in un fetore pestilenziale.

        — Hai bevuto!

        — Sì... e sono venuto ad invitarti —Tomaso passa il braccio sopra la tua spalla.

        — Lasciami in pace, devo lavorare.

        — Sempre al lavoro, sempre al lavoro... Fabbricate dinamite? —l'apprendista chiude la porta da dentro, facendo il maggior rumore possibile.

        — Tomaso, per favore, va a farti una bella dormita! —allontanando la sua mano dalla tua spalla.

        — Dinamite intellettuale, certo, certo!

        Allora, afferrandolo per un braccio, lo accompagni su per le scale.

        — Cosa sei venuto a fare?

        Davanti al portone Tomaso si toglie la barba e la mette in tasca. Poi porta le mani dietro la schiena, per appoggiarsi alla parete.

        — Hai una sigaretta? No, tu non fumi... Oggi è il Corpus Domini, lo sapevi?

        — Non me ne importa nulla!

        — Ho bisogno di una sigaretta...

        — Se è proprio così urgente, posso chiederla di sotto.

        — Lascia stare, non scendere... Ascolta... Ho assistito alla processione, circondato da borghesi e fanatici... Tutti applaudivano, tutti gridavano evviva, tutti lanciavano rose ai militari, ai preti e alle figlie di Maria, ai genitori cattolici e ai nuovi comunicati... E anch'io ho lanciato la mia rosa.

        — Non ci credo! —ma Tomaso non era certo venuto fin lì per raccontarti una sciocchezza, e da qualche angolo del tuo corpo spunta il panico.

        — Sì, ho lanciato una rosa di fuoco!

        Ride, è evidente che ha notato il tuo spavento.

        — È stato un massacro. Gli ho dato una lezione.

        Cerchi di inghiottire la saliva, ma la tua bocca è completamente secca.

        — Non ho valuto avvisarti in anticipo per non comprometterti —ora parla più tranquillo, come vinto dal peso della sbronza.

        Toglie una mano dalla parete, cerca qualcosa in tasca. Ti porge un foglio stropicciato.

        — Ti porto un comunicato che rivendica l'azione, in modo che tu ne possa stampare alcune copie.

        Un intenso bruciore risale dal tuo stomaco.

        — Come sai fare tu, Giuseppe. Con il nome di quella tipografia di Parigi!

        Tomaso, sorridente, ti offre quel foglio per mettere alla prova il tuo coraggio. Senza raggiungere i tuoi occhi, il bruciore arriva ai tuoi pugni.

 

 

 

© Koldo Izagirre
© Traduzione: Roberta Gozzi


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