Beste hizkuntzetako lanen zerrenda

  Traduzione: Roberta Gozzi

 

 

 

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Il generale Azkarraga, il generale Augusti, il conte di Tetuan, la marchesa di Pidal, il deputato Emilo Castelar, il deputato generale Manuel Lizarriturry, il sindaco Alfredo Lafitte, i signori Cosme ed Evaristo Churruca, il marchese di Valdeiglesias, il conte di Pino Hermoso, il governatore Lopez Illana, il conte di Torre Muskiz, il barone De Satrustegi, il signor Henestrosa, i generali Arteche ed Ochoa, il conte di Caudilla, la marchesa di Donadio, mister Taylor, il marchese di Tovar, Agirre de Tejada, il conte di Casal, la vedova Baronessa di Satrustegi, la duchessa di Mandas, la marchesa di Aguilar di Campoo, la contessa di Lascoiti, la signora Irastorza, la contessa di Ramiranes, il marchese di Rocaverde, la signora e le signorine Lizarriturry, militari, politici, villeggianti, consiglieri comunali, commercianti, un illustre e nutrito seguito si avvicina e conversa a bassa voce, afflitti rappresentanti di tutte le classi sociali che vengono ad assistere alla grande cerimonia in questo soffocante venerdì estivo. La Regina non è venuta, la Regina non è andata nemmeno a Madrid, non ha sospeso le sue vacanze estive a Donostia per accompagnare l'illustre cadavere per il quale oggi si celebra la funzione funebre, la Regina ha molto da fare nel suo palazzo di Miramar dove deve discutere, con i suoi consiglieri, la tentatrice offerta totalitaria fattale dal generale Polavieja. Se fosse venuta, l'avrebbero ricevuta in portantina, tuttavia non si sarebbero ascoltate le fastose note della Marcia Reale, perché si tratta di una funzione funebre. Non farà quindi bella mostra di sé il petto della Regina Reggente di Spagna sul parapetto rosso dei posti d'onore riservati dentro la chiesa di Santa Maria di Donostia. Il suono dei ventagli sarà l'unico elemento a rendere comune questa funzione, soprattutto quando l'appena nato Coro di Donostia canterà il Requiem. Le dame hanno caldo, è vero che il nero non aiuta.

        Non so se le campane della chiesa di San Martin di Bergara suonavano per te mentre ti schiacciavano le vertebre del collo fino a spezzarle, così come suonarono quelle di Sant Angelo a Roma chiedendo perdono al Cielo per Giordano Bruno. Tu non eri un frate che si era sbagliato, non c'era ragione per cui la Chiesa dovesse ricordarsi di te, nessuno di noi ti conosceva, non eri di qui e la gente di qui avrebbe applaudito la tua azione solo più tardi, più tardi ed in silenzio, col più crudo dei cinismi. Hai fatto quel che eri venuto a fare in suolo straniero e ti abbiamo seppellito in terra straniera, nel terreno sconsacrato contiguo al cimitero che a te sarebbe sembrato un onore, di fianco al parricida Osoro. Tutti i figli della Chiesa sono vicini alla Bestia, questo venti di agosto: il prete ha abbassato l'ostia con la stessa dolcezza con la quale può cadere nel suo grembo la testa del condannato alla garrota, la spezza, la mastica, l'inghiotte. Si avvicinano per ricevere la comunione il presidente provvisorio del consiglio di ministri, il capo dell'opposizione, gli ambasciatori venuti dai paesi della costa basca, l'amministratore della Regina. La musica dell'organo è la gloria della giustizia compiuta, alcune dame svengono, gli illustri signori le accompagnano alla porta che trabocca di gente. Questo evento è un'interminabile funzione funebre; nelle locande dei dintorni si disperdono gli avvocati, i locandieri, i nobili, le domestiche, i gendarmi; la maggioranza di loro per chiedere acqua per le dame che hanno avuto un lieve malore e osservano dall'ombra delle locande il movimento di gente, si sono persi l'uscita delle autorità, non hanno salutato applaudito acclamato. Ritornano asciugandosi la fronte, si riuniscono in gruppi, si stringono reciprocamente le mani, commentano com'è stata elegante la funzione, che belle sono stati le voci, la musica del Coro di Donostia era proprio quella adeguata, qualcosa da tenere in considerazione per quando si sposerà l'erede al trono, il mormorio copre ora il suono dei ventagli. Quando la chiesa si svuota e mentre le carrozze aspettano ancora sulla via principale, esponenti dell'opposizione fanno ombra alla primadonna, il generale Azkarraga: l'insigne poeta Grilo ed il celebre deputato Castelar si sono stretti in un cordiale abbraccio sotto il portico attirando l'attenzione di tutti i giornalisti.

        — Tutti siamo orfani e Lei è il più solo di tutti. Sono finite per sempre le diatribe intellettuali che aveva col defunto. Aiuti la patria ad uscire da questa grave situazione!

        Al patrizio Castelar non resta altro che rispondere di sì, forse ha preso un fazzoletto dalla giacca per asciugarsi l'angolo dell'occhio, questo esperto oratore è emozionato, il poeta ha fatto un buon lavoro. Il padrone di casa che affitta stanze a gente di Madrid o il segretario generale di La Unión Vascongada o il cocchiere che deve portare l'ambasciatore degli Stati Uniti, mister Taylor, alla stazione prima che il treno per Zarautz parta, o il redattore di El Fuerista che nella sua prima pagina avvisa, previa censura della Chiesa, che è stato in dubbio se venire alla funzione funebre o andare a vedere l'esecuzione... tutti loro, per esempio, avranno estratto l'orologio dal taschino.

        — A quest'ora deve essere morto.

 

 

La tua attesa è finita. Alla fine è arrivato il martirio che ti sei guadagnato, in pubblico e alla luce del sole, solitario e lontano. Ti hanno dato la morte, e morto sei. Il medico, con un gesto della mano da sinistra a destra, fa capire al presidente della corte marziale, testimone principale, che non sei più in vita, il condannato alla garrota non ha più polso. Il boia ha le sue ragioni per sorridere orgogliosamente, il freno che ha messo alla macchina mortale ha impedito che la pressione del collo spingesse all'indietro la manovella, il che porta una morte rapida. Ha sciolto innanzitutto il cinturino che ti legava le gambe al palo e ha chiesto aiuto ai frati affinché il corpo non cadesse nello sciogliere la cravatta. Il primo ad avvicinarsi è stato padre German. Il boia ha preso la tua testa tra le mani, un frutto molto pesante appeso a un rametto troppo sottile e non vuole che gli sfugga di mano, l'officiante della messa sostiene la testa con maggiore devozione che il pane consacrato, i giovani frati reggono con trepidazione tra le braccia il corpo dell'ateo ancora caldo. Un soldato vomita in un angolo del cortile.

        Gli spettatori non vogliono parlare di quello che hanno visto, avvertiranno a lungo una certa inquietudine interna, è stata un'impiccagione senza risate. Non ti sei rivolto gridando al boia, non hai chiesto perdono, il tuo cuore non ha emesso singhiozzi. Avevano promesso una farsa, ma gli è venuto a mancare il buffone. Nessuno ha dovuto schiaffeggiare i figli, la tua eleganza ha avuto la meglio sull'abitudine di provocare il pianto nei bambini affinché non dimenticassero qual è la fine riservata ai malviventi. Sei morto proprio come Mateo disse che sarei dovuto morire io: dignitoso, orgoglioso, solenne. La dinamica della morte ha fatto sì che una goccia gelata scendesse lungo la colonna vertebrale di questi indolenti baschi, e la tua calma non ha fatto loro nessun bene. Sono abbattuti e parlano sommessamente, come chi non è in pace con se stesso.

        — Che cosa ha detto? L'hai sentito?

        — Germinale!

        — Germinale?

        — Era italiano...

        — E tu sai che cosa vuole dire questa cosa di Germinale?

 

 

Il fotografo è rimasto solo vicino al prato del palazzo Errekalde. Ha atteso invano lo sfaccendato Cienfuegos e dovrà trasportare il pesante treppiede da solo, perché lo zoppo ha da fare all'angolo delle strade Artekale e Maggiore. Qualcuno si avvicina a lui sudato.

        — Nuove strofe dedicate ad Angiolillo!

        Il banditore di Elosu inizia a declamare, come se fosse l'unico testimone di una cerimonia segreta, come se tutta Bergara non si fosse recato ad assistere allo spettacolo offerto gratuitamente dal cortile della prigione. Quelli che non hanno denaro, gli analfabeti, quelli che sono arrivati tardi sono rimasti ad ascoltare l'aspra voce del venditore di versi per potere imparare a memoria la letteratura della tragedia:

 

                Sedetti sul patibolo

                chiedendo perdono a Dio con strepito

                la mia vita vergognosamente darò

                è la malvagità ad avermi condotto a ciò

 

        Queste nuove strofe non sono che un adattamento dei vecchi versi che trentadue anni fa furono dedicati al parricida Osoro. In fin dei conti il comportamento di tutti i condannati è simile, tutti inciampano negli scalini, non ho niente contro la letteratura improvvisata. Il mio popolo avrebbe detto che ero morto gridando «Evviva i proletari del mondo!», io, questo vigliacco che aveva coraggio solo per affrontare una morte eroica. Tuttavia l'umile epica del mio popolo avrebbe cantato che ero morto con orgoglio e senza paura. Ma tu non eri un eroe, il nostro paese non sapeva ancora come estrarre il tungsteno, glielo insegnammo più tardi. Tutti avevano bisogno che tu morissi in modo miserabile e vigliacco, coloro che ti condannarono avevano bisogno di un pentito affinché la forca pubblica compisse tutte le sue funzioni. Benché in modo un po' confuso, Cienfuegos aveva capito tutto questo ascoltando i versi del cantastorie.

        — Dammi immediatamente tutti quei fogli, se vuoi continuare a vivere!

 

 

Il boia usa i termini «pulire la cravatta» per indicare il lavoro che sta svolgendo. Sembra un sacerdote che lucida i bordi del calice con uno straccio benedetto mentre, con la parte pulita di un vecchio sacco, toglie dall'anello di ferro i pezzi di carne e pelle del collo dell'impiccato che vi sono rimasti attaccati. È un lavoratore scrupoloso, raccoglie personalmente i resti e li mette nella bara. L'anno scorso, a Sigüenza, seppellirono l'impiccato prima che potesse restituirglieli. Allora li bruciò alla prima croce della via crucis della stessa città. Non l'aveva imparato da nessuno, glielo chiedeva una voce interiore. È orgoglioso del suo lavoro, è stata un'esecuzione pulita ed è un peccato che sui giornali del giorno dopo non si troverà nulla riguardo la sua abilità, perché il governo, come succede ogni volta che bisogna ammazzare un anarchico, ha proibito che venisse descritta l'esecuzione, poiché la causa del dolore nazionale è il deprecabile attentato che si è perpetrato contro la persona del presidente del consiglio dei ministri, mi vedo obbligato a rivolgere le mie parole ai signori magistrati, non per ricordare loro i testi legali che ben conoscono e le istruzioni di appello, bensì per rendere tristi onori al grande statista e patriota. Infatti con la scusa di dare spiegazioni sui colpevoli sono sorte, benché non fosse quello l'obiettivo, leggende che ne fanno martiri di un'idea, disposti a dare la loro vita per quelli che dicono essere i loro fratelli, come se il tradimento portasse con sé l'eroismo, o il gesto sanguinario la qualità umana. L'apologia di questi reati non consiste solo nel presentare il fatto criminale come lodevole ed il comportamento di chi l'esegue ammirevole, ma anche nel minimizzare l'importanza dei delitti, oppure nel presentarli con caratteristiche che possano renderli attraenti.

        Ma quella parola, Germinale!, una minaccia d'amore, è passata di bocca in bocca al di sopra di tutte le censure della stampa. Cienfuegos, o Azcarate, o qualche armaiolo di Eibar che ha una ferita sotto il labbro o un locandiere appassionato di lettura avrebbero spiegato e divulgato per anni il significato del tuo ultimo grido, come fossero tipografi clandestini: il volo di una società marcia verso la primavera, la scienza della disgrazia dei lavoratori che, convertita in seme, porterà con sé il tempo delle ciliegie.

 

 

Nella prima delle sei fotografie scattate da Markaida appari con la mano sulla balaustra in ricordo di Cienfuegos, così come avevi promesso. Un Lombroso spagnolo chiamato Salillas esaminò le fotografie, interpretando come una chiromante le diverse posizioni. Non poté mostrare disprezzo verso di te. Sembra sia stata impressionante la calma che mostravi mentre il boia faceva i suoi orribili preparativi, così come dimostra la tua «posizione fisiognomica». I soldati chinarono la testa. Il boia cominciò a soffocarti, si vede il tuo corpo contorcersi, la testa all'indietro, gli occhi chiusi. Nell'ultima foto due ali nere occultano la tua sofferenza. Come se qualcuno avesse manipolato i negativi, se mi permetti di scriverlo.

        In quella fotografia, benché sia un'inquadratura generale, nella parte superiore si scorge il tetto della prigione, non si vede il cielo. Ci viene nascosta la colonna di fumo bianco che saliva al di sopra dei tetti, quella mattina senza vento nella quale ti giustiziarono. Molti di coloro che erano andati a vedere come ti impiccavano credettero che si trattasse di un segnale, e si spaventarono, pensando che i proletari del mondo si stessero avvicinando a Bergara assetati di vendetta. Poi vennero a sapere che il mugnaio Joxe Berriozabal aveva dovuto bruciare tutti i letti, lenzuola e copriletto compresi, perché aveva il vaiolo in casa.

        Era solo fumo, non c'era fiamma.

        Ma credo che davvero, una volta, ci sia stato un Cienfuegos a Bergara.

        Devo credere, come avevi fatto tu, che esiste un Cienfuegos in tutte le Bergara per addolcire il tormento dei torturati, bruciando le versioni ufficiali, minacciando i boia, cercando di liberare i condannati. Forse io non ero preparato per morire degnamente, forse sognavo qualche pazzo che avrebbe voluto salvarmi, non avevo coraggio per una morte vile, te l'ho già detto. Penso che forse questa è la ragione per la quale ho creato Cienfuegos. È possibile. Ma credo di aver creato questo zoppo libertario perché dovevo dare dignità al mio popolo, perché voglio che il mio paese sia parte del mondo. Cienfuegos si aggirava da quelle parti, ne sono sicuro, confabulando contro la nostra storia, così come a Trafalgar Square chiede solidarietà ai viandanti del mondo quella Dolors che tu creasti.

 

 

 

© Koldo Izagirre
© Traduzione: Roberta Gozzi


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