Beste hizkuntzetako lanen zerrenda

  Traduzione: Roberta Gozzi

 

 

 

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Da quando è stata ufficialmente notificata la pena di morte, le cose vanno in fretta. Innanzi tutto mi hanno tolto le lenzuola, in modo che non abbia la possibilità di impiccarmi. Poi mi hanno cambiato cella, in modo che non possa fuggire. Adesso sono venuti a prendermi le misure, vorranno farmi una scheda antropometrica prima di fucilarmi. Ma questi misuratori non sono secondini. Non hanno capito quando ho domandato loro se erano falegnami. «Questi lavorano per qualcuno che so io», ho pensato. Sono medici.

        — Credete che io sia un criminale nato o che lo sia diventato?

        — Noi semplicemente eseguiamo gli ordini, le misure le inviamo agli scienziati.

        — I miei saluti al signor Lombroso!

        Li ho sorpresi e dalla conversazione ho dedotto che lo conoscono solo per sentito dire, non l'hanno letto.

        — Avete preso le misure anche a Cánovas? Quello sì che era un criminale!

        Sono nervosi. Li ho presi un po' in giro e li ho ulteriormente innervositi, non so se alla fine hanno preso nota delle misure.

        — Devo chiedervi un favore. Quando mi fucileranno, chiedete che non mi sparino alla testa, così potrete studiare il mio cervello, la configurazione dei miei lobi, per sapere che tipo di assassino sono, e vi do il permesso di espormi in formalina.

        Sono andati via spaventati. Sto ancora ridendo.

 

 

Ci siamo avvicinati alla finestra. Lì, di spalle alla luce, Markaida mi passa una ad una le prove della sua arte. Tre fotografie: due seduto sul letto, un po' lontano e in penombra; la terza è più vicina, mezzo busto, di fronte alla macchina, troppo vicina per non notare i lividi attorno agli occhi, anche se si potrebbe dire che sono l'ombra delle lenti. Le passo al direttore.

        — Come le sembrano? Crede che la sua camicia mi stia bene?

        — Ah, sì, sì! —mi risponde il direttore senza guardare le stampe—. Mia moglie vuole che... E anch'io, un regalo, la camicia è per Lei.

        Credo di avergli offerto un triste sorriso.

        — Lei assomiglia a mio padre... Sì, credo che in questo momento mio padre stia confezionando un abito per Lei, gli ho scritto, come sa...

        — Anch'io gli ho scritto. E gli ho chiesto di non fare una cosa del genere. È il mio lavoro: adesso sono io a dovermi occupare di Lei.

        È un buon uomo, è il carceriere più umano del mondo.

        — Mi dispiace... il suo ricordo non durerà molto nella mia memoria.

        — Non dica così, Dio mio! La sentenza non è ancora definitiva! —ma il panico del direttore serve a Markaida per fare la sua sporca proposta.

        — Senta... signor Angiolillo... Se si conferma... mi permetterebbe di scattare delle fotografie durante... durante la cerimonia?

        Per poco non scoppio a ridere; l'avrei fatto se non avessi avuto paura di ferire il direttore.

        — Non si preoccupi, quelli non possono lasciarmi in vita.

 

 

Il più giovane ha l'abitudine di agitare avanti e indietro il suo basco ogni volta che inizia a parlare. Dev'essere un tipo nervoso e la presenza di Cienfuegos non contribuisce a tranquillizzarlo.

        — Ti sbagli!

        Il suo compagno gli fa segno di sì con il capo, un uomo robusto che sfoggia una cicatrice imberbe che si allunga dal labbro fino al mento.

        — Noi non siamo come credi tu.

        L'oste serve un piatto di uova fritte, lo lascia al centro del tavolo. Dopo aver tagliato il pane, distribuisce le fette.

        — Lascia così, le mangiamo sul pane, non portare i piatti —ordina Cienfuegos.

        — Vi porterò della salsa di pomodoro, per il pane.

        — E un'altra bottiglia.

        Il più vecchio si alza con la bottiglia vuota in mano.

        — Lavoriamo in una fabbrica di armi, ma noi siamo contro la violenza —commenta il ragazzo del basco—. Le armi che fabbrichiamo servono per opprimere Cuba.

        — Le armi non sono cattive in sé... dipende da chi le impugna... —chiarisce Cienfuegos—. Le vostre armi farebbero comodo ai ribelli...

        Fa scivolare l'uovo dalla fetta di pane all'interno della bocca. Lo mastica gonfiando una delle guance e beve prima di inghiottire.

        — Ci stai proponendo un furto? —gli chiede il giovane sorpreso. Si toglie il basco, è calvo.

        Cienfuegos sospira. Stringe il bicchiere vuoto in mano e parla con lo sguardo fisso su di esso, assorto.

        — Presto, proprio qui, davanti ai nostri occhi, uccideranno un rivoluzionario. Questo rivoluzionario ha assestato un colpo mortale al colonialismo spagnolo, e ha avuto i coglioni che non abbiamo noi baschi per dare a chi ci ha tolto le nostre Leggi ciò che si meritava. Se non sei un rivoluzionario, dimmi che non sei nemmeno un basco e me ne vado, non abbiamo niente da dirci.

        L'oste porta la salsa di pomodoro e il compagno dal labbro rotto un paio di bottiglie. Serve. Ha già sentito quella conversazione.

        — Tu sarai zoppo, ma vai sempre di corsa. Non hanno ancora emesso la sentenza e dici che l'ammazzeranno.

        — Come un cane! —grida Cienfuegos a quello della cicatrice—. Non leggete la stampa al circolo? Tutta la Spagna chiede la sua morte e ricordatevi bene una cosa, ricordatevi anche in futuro che i militari non si siedono in un tribunale per perdonare qualcuno!

        Cienfuegos mostra un foglio ripiegato, recuperato da un vecchio portafoglio annerito che la sua mano apre goffamente.

        — Leggi, se sai leggere!

        L'oste spiega il foglio con attenzione: è un modulo pieno di bolli ufficiali. Strizza gli occhi per leggere.

        — Hai sempre avuto una gran fantasia... e io credevo che fosse una balla! —legge velocemente l'oste, sembra sia abituato alla lettura. Passa il foglio ai lavoratori che invece lo leggono avvicinando le teste e muovendo le labbra.

        — E non mi hanno lasciato entrare, capite? Gliel'ho fatto vedere ma mi hanno sbattuto la porta sul naso. Questo significa che non vogliono testimoni. Così è come si facevano i consigli di guerra a La Cabaña: si emetteva la sentenza e... via, direttamente alla Fossa degli Allori.

        I due amici della fabbrica di armi lo guardano attoniti. Il più giovane ripiega in quattro il documento con la stessa attenzione con cui l'oste l'ha spiegato prima di restituirlo a Cienfuegos.

        — Che cosa possiamo fare? —osa l'oste.

        — Tirarlo fuori dalla prigione.

        — Cosa?

        — Tu sogni ad occhi aperti, Cienfuegos!

        — E se non possiamo tirarlo fuori, dobbiamo almeno far vedere al governo che non può ammazzare impunemente un rivoluzionario. E all'italiano dobbiamo mostrare la nostra solidarietà, fargli capire che non è solo. Per questo vi ho chiamati, ho già un compagno che è disposto a tutto. Abbiamo bisogno di armi che si possano nascondere in tasca.

        Sul tavolo appare un coltello, in un fodero di cuoio. L'operaio della cicatrice allunga la mano, forse ricordando una vecchia vendetta.

        — Piccole così, ma che si possano usare anche da una certa distanza, capite?

 

 

Anche oggi è venuto a farmi visita. Nervoso, come sempre, il primo tema di conversazione è stato il caldo degli ultimi giorni, non si era mai vista una simile afa. Io resto in silenzio, perché intuisco che il tenente Gorria ha qualcosa di più importante da raccontarmi, qualcosa che vuole che io capisca poco a poco ed indirettamente.

        — Sfortunatamente, non sarà a Montjuich. Mi scusi... non sarebbe a Montjuich.

        Ho pensato anche che a questo mio avvocato sarà passato per la testa che, se mi concedessero la grazia, i giornali loderebbero il lavoro della difesa. È comprensibile che non voglia accettare la sentenza.

        — Temono che io mi dia alla fuga? O che gli anarchici assaltino il treno?

        — Al governo, políticamente, Barcellona non conviene... Il popolo è contro di voi, ma è anche contro le torture... non credo che si ritorni a... che si ritorni a fucilare a Montjuich.

        Questo militarucolo si sbaglia. Tutti i governi, qualche volta, devono usare il terrore al di là del prezzo politico che debbano pagare. Montjuich possiede una storia nefasta, e questa è una buona eredità nel caso lo stato debba mostrare la sua ferocia intimidatoria.

        — A Montjuich si torturerà e si fucilerà anche in futuro, se nel frattempo noi...

        Il tenente prende il giornale appoggiato sullo sgabello, senza accorgersi che sotto ci sono le fotografie. Sì, quest'uomo ha qualcosa di più importante da dirmi. Se così non fosse, non sarebbe venuto.

        — Suppongo che ricorderà... La richiesta del Pubblico Ministero è stata fatta applicando il codice penale, non quello militare.

        Nella mia gola si concentra l'acredine delle pareti.

        Rimaniamo a guardarci l'un l'altro, il mio avvocato ed io.

        Non sarò giustiziato prendendo per mano i compagni fucilati a Montjuich.

        Non potrò gridare «Fuoco»! davanti al plotone d'esecuzione, così come ci insegnavano che avremmo dovuto fare alla scuola per ufficiali, se si fosse presentata l'occasione.

        Mi ammazzeranno, ma non mi fucileranno.

        Ho capito quello che il mio difensore non osa dirmi: saremo da soli, uno di fronte all'altro, il gran ratto ed io.

        Che cosa devo fare?

        Recitare Rizal, mettendomi in posa?

 

                «Il luogo nulla importa:

                cipresso, alloro o giglio,

                patibolo o campo aperto,

                battaglia o crudele martirio...»

 

        O forse potrei esplodere in una risata, per mostrare il mio coraggio?

        «Per questo oggi sei venuto vestito in borghese, adesso capisco.»

        Oppure nascondermi dietro una discussione tecnica per non voler ammettere che questa notizia mi ha lasciato come il carcerato in cella d'isolamento che trova il suo uccellino morto sul pavimento.

        «Ma com'è possibile, se sono stati i militari a processarmi!»

        Gli occhi del tenente vanno dai miei occhi al giornale che le sue mani piegano.

        — Il governo non vuole dare valore militare al suo gesto, vuole che Lei appaia davanti all'opinione pubblica come un semplice delinquente.

        Mi aspetta la forca spregevole, il crudele patibolo, la gogna insultante, la garrota vile.

        — E' tardi, i matti ed i gelosi non attaccano il sistema... E' la vittima a fare di me un prigioniero politico, anche se io non fossi anarchico. Anche questo l'ha detto il Pubblico Ministero!

        Ingenuo o astuto, l'avvocato confessa:

        — In fondo, quello che il governo pretende è che lei muoia nel disonore.

        Sarò degno di te, Dolors. Non ho ucciso invano, saprò cos'è la tortura. Questo panico è il principio dell'apprendistato.

        — Quei fili sono di tungsteno —dico segnalando la lampada del soffitto—. Finché non si bruceranno, daranno luce.

        Non ha alzato la testa verso il soffitto, mi guarda come se realmente fosse di fronte a un pazzo. Gli mostro una fotografia. La osserva senza dire niente.

        Mi alzo e con un'altra foto in mano mi avvicino al tavolino, lasciando l'avvocato seduto sulla branda, un po' più tranquillo ma ancora visibilmente turbato. Cosa può scrivere un rivoluzionario al suo difensore che non riconosce come tale, su una fotografia scattata appena prima della morte? «Grazie per il suo aiuto, il suo sforzo è servito per mostrare quant'è ingiusta questa Giustizia»? O semplicemente stringergli la mano, senza ironia? E perché proprio adesso, quando ho ricevuto la notizia della morte più crudele?

        Affinché i grafologi possano vedere fino a che punto sono impaurito, Dolors.

 

 

 

© Koldo Izagirre
© Traduzione: Roberta Gozzi


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