Beste hizkuntzetako lanen zerrenda

  Traduzione: Roberta Gozzi

 

 

 

—3—

 

Stanno costruendo un nuovo faro e i vigilanti non vogliono nessuno nei paraggi, a volte spariscono pietre e pezzi di ferro, ma a voi si sono avvicinati gli operai e dietro loro arrivano anche due policemen, una volta venuti a conoscenza delle ragioni con cui giustificate la vostra presenza lì al porto. Entrambi stupiti, uno di loro mormora che l'Inghilterra avrebbe dovuto colonizzare la Spagna. Qualcuno tira fuori delle salsicce e gli scalpellini accendono un fuoco all'interno di un barile rotto. Ci sono anche delle birre, nascoste e al fresco sotto la sabbia. Non capite da dove provenga tutta quella gente attratta dal profumo di carne arrostita. Gli scalpellini ritornano al lavoro prima che appaia il padrone e, quando ormai vi siete rassegnati all'idea che il mare mosso ritardi l'arrivo della nave, il vecchio scaricatore al tuo fianco pronuncia «I-s-la-de-Lu-zón» in bello spagnolo, con il cannocchiale puntato su un vapore panciuto. Formate una stretta fila sul bordo del frangiflutti. Quando fa manovra per entrare, la nave mostra a poppa la bandiera spagnola. Cominciate a gridar loro alcuni «evviva», altri «a morte», tutti emozionati. Siete visibilmente contenti e Rudolf Rocker ti afferra per un braccio, commosso. State vincendo la battaglia contro uno stato crudele.

        La nave si avvicina al molo mostrando provocatoriamente il suo nome antimperialiata. I passeggeri, stipati addosso alla ringhiera, agitano le braccia e sembra che tutto il porto si sia unito a voi, gli scaricatori vengono verso la zona di attracco lasciando il lavoro, anche i bambini che stavano giocando dentro lo scheletro di un magazzino bruciato smettono di dar calci a una palla e si infilano tra le vostre gambe muti, curiosi e affamati, pensando che forse avrebbero avuto l'opportunità di vedere un annegato. Dalla nave cominciano a salutarvi, si sentono le voci, devono essere loro. Gettano gli ormeggi ed allora voi aprite lo striscione scritto in inglese e catalano, non in spagnolo. E' una tua vittoria, in ricordo del tuo amico Felip Cortiella.

 

 

La scarsa abitudine a scendere da una passerella accentua l'immagine di debolezza: si aggrappano tremanti alla corda, timorosi ad ogni passo. Sono ventotto spettri che escono alla luce dalle celle dall'Inquisizione. «Quasi affondiamo all'altezza della Galizia» commenta un uomo. La voce è conosciuta, dolorosamente conosciuta. Se l'avessi visto dal cannocchiale saresti fuggito, se avessi saputo chi arrivava su quella nave saresti svanito. Come il fumo tra i moli di Liverpool. Come uno stupratore che ha paura di essere riconosciuto. Ma ormai è tardi per nascondersi. Jaume Grau ti guarda negli occhi mentre riceve i baci e gli abbracci dei rappresentanti del comitato di accoglienza. Quando finalmente si libera dagli abbracci, viene verso di te asciugandosi gli occhi, con Dolors sottobraccio. La donna ha la testa coperta da un fazzoletto scuro, non le si vedono i capelli. Jaume ti dà la mano.

        — Grazie, Giuseppe —non c'è ironia nella sua voce— ci stavamo annoiando a Montjuich!

        Stringe la tua mano tra le sue, con calore.

        — Mi fa piacere vederti, Lilio, non sapevamo che tu fossi qui! —dice Dolors più dolce che mai. Non si stacca da suo marito.

        Non sai che fare. Non sai che dire. Tutte le possibili domande sembrano offensive. Ti incammini sul molo vicino a Jaume, tra gli operai e i deportati. Alla fine, si sente la tua voce rotta.

        — Anch'io non sapevo che voi foste là. Non figurate nei nostri elenchi.

        Jaume si rivolge a te come se Dolors non dovesse sentirlo.

        — La retata principale l'hanno fatta al Circolo dei Carrettieri, tutti quelli che frequentavano quel luogo sono passati da Montjuich.

        — L'attentato è stato una trappola della polizia —lo dici senza rabbia, il tuo nervosismo non è dovuto alla rabbia.

        — Sì. Ma nessuno ne ha le prove. Pensavamo che Tomaso fosse un collaboratore, ma lo hanno fucilato assieme agli altri.

        Hai le mani in tasca e stringi i pugni.

        — Tomaso era dei nostri, ed era disposto a dare la vita.

        Continuate silenziosi, si avvicina sempre più gente.

        — Giuseppe, devi saperlo... Scusa, devo chiamarti Giuseppe, oppure qui...?

        Vorresti vedere il viso di Dolors, che cosa esprime, ma è completamente nascosto dal corpo di suo marito; non ti ha abbracciato e nemmeno tu l'hai fatto. Cosa ti aveva trattenuto dal farlo? Jaume si ferma, lasciando che Dolors si allontani un po'.

        — Devi saperlo. Qualunque cosa tu abbia fatto, me ne assumo la responsabilità, non mi hanno rammollito gli sbirri della borghesia!

        Ti commuovi. Anche tu rispondi con un mormorio.

        — Grazie.

        Siete arrivati fino ad un'altra nave spagnola che stanno scaricando. Aumentano le grida che inneggiano al boicottaggio e gli scaricatori interrompono il lavoro. Qualcosa di simile è accaduto, ne sono sicuro, di fronte alle navi spagnole su quello stesso molo, l'Albert, quando il vecchio Generale aveva voluto ammazzarmi. Si avvicinano fino a voi e Rocker dà loro spiegazioni in un enigmatico inglese che non capisci. Finalmente pronunci la domanda che non osavi fare.

        — Come state?

        Non risponde subito.

        — A me non hanno fatto granché... Rispetto a quello che hanno fatto ad altri, chiaro. E tu? Hai un lavoro?

        Fai cenno di sì con la testa. Una bambina si avvicina a Dolors con un mazzo di fiori, da parte di Joseph Perry. Dolors la bacia, allontanandosi di nuovo da Jaume.

        — Per Dolors è diverso.

        Ti sembra che Jaume abia un tic agli angoli della bocca. Parla con voce ancora più bassa, dopo aver lanciato una rapida occhiata a sua moglie.

        — Ha perso il bambino. È stato un duro colpo per lei.

        Lo stesso bruciore che sentivi da ragazzino quando ascoltavi oscenità arriva fino ai tuoi occhi, capisci che è lo stesso che ti aveva portato a spaccare il naso a Tomaso nel portone della rivista Cienza Social. Avresti preferito essere lontano da loro due, essere con quei giovani che stavano coprendo di slogan la parte centrale della Isla de Luzón.

 

 

— Il tenente Portas, il sergente Botas, Carreras... era quest'ultimo a mettere i ferri ad arroventare e me li applicava sul corpo, poi era sempre lui a curarmi; Corral, Parrillas, Ruiz e Mayans erano quelli che davano le frustate...

        — Il corpo non sente più, da un certo punto in poi è lo stesso.

        — Le pareti mi sembravano case, case alla rovescia, credevo che le porte fossero uomini armati e le pietre teste di morti... morivo di sete, leccavo le pietre delle pareti alla ricerca di un po' di fresco.

        Il vecchio scaricatore traduce all'inglese le dichiarazioni dei deportati. I giornalisti scrivono senza alzare gli occhi dai loro quaderni alla luce delle lanterne che ci sono sui tavoli, come se non avessero il coraggio di guardare in faccia i protagonisti di quelle terribili testimonianze. Qualcuno, tossendo, chiede di non fumare e di aprire le finestre.

        — Mi hanno infilzato stuzzicadenti tra le unghie e la carne... me li infilavano con un piccolo martello, con molta attenzione.

        — Così era maggiore il numero di colpi...

        — Sì, e facendo in modo che lo stuzzicadenti non si rompesse. Non sono in grado di esprimervi quello che si sente quando ti mettono uno stuzzicadenti sotto un'unghia... Qualcosa che sale dalle ossa...

        — Mi hanno slegato, mi hanno dato un po' d'acqua, mi hanno detto che erano dispiaciuti per quel che era successo e che potevo riposare. Mi sono sdraiato per terra, sul mio stesso sangue. Non potevo dormire, fino a quel momento ero stato come sordo; ma dopo, quando si erano stancati di torturarmi, non ho potuto non sentire come torturavano gli altri...

        — Questo è ancora più doloroso... a volte sentivo grida di donna.

        Per questo Dolors non è venuta alla riunione, per questo anche Jaume non avrebbe parlato, in modo che tu non debba ascoltarli. La tua mano fa movimenti meccanici sul foglio. Non hai il coraggio di guardare Jaume. Ti vogliono bene, non vogliono farti soffrire.

        — Mi hanno portato fuori, in piazza e, siccome era giorno, le mosche hanno iniziato a pungermi le ferite sulle mani e sulle braccia... Benché tu sia forte e duro, o dichiari tutto quello che vogliono gli sbirri, o muori tra indicibili sofferenze.

        — Non potevo camminare, avevo le braccia e le mani distrutte, flagellate... Ho chiesto dell'acqua, hanno riso, mi hanno lanciato un pezzo di baccalà secco... Ho chiesto di allentarmi le legature e allora mi hanno colpito con la frusta. Mi hanno promesso che se avessi detto loro chi aveva lanciato la bomba mi avrebbero dato anche pane e vino... Io gli ripetevo che non ero anarchico, che non condividevo quei metodi, che ero repubblicano, che si erano sbagliati...

        — Il quinto giorno, all'alba, sono entrati nella cella chiedendo chi aveva lanciato la bomba. Ho detto loro che io non sapevo niente... Allora hanno riso di nuovo, mi hanno detto che non sapevo com'era la seconda parte, uno di loro mi ha afferrato e schiacciato i testicoli con un torchio fatto con tre bastoni e mentre lo stringeva, diceva: «Questa è la seconda parte». Allora ho perso conoscenza.

        — Guardate, non mi importa che mi facciano fotografie. Non posso sostenere le mie budella, devo portare questa fascia.

        Mentre i fotografi si avvicinano per incidere le loro lastre, qualcuno chiede di te. Vogliono verificare la traduzione perché i deportati non parlano uno spagnolo molto chiaro, usano parole in catalano che il vecchio scaricatore non capisce. Non sei più nella sala. Rudolf Rocker va ai servizi. Chiama alla porta e, da dentro, gli rispondono aspramente in yiddish. Ti cerca inutilmente nella sala esterna, ma tu non sei più nel The Sugar Loaf. Ritorna alla sala della riunione. La tua sedia è vuota, sopra ci sono alcuni fogli. Si avvicina, li prende in mano. Sono pochi appunti stenografati. In tutti i fogli si ripete il disegno di un viso. Non ha i capelli. La testa è rasata. Tristezza, negli occhi. Senza dubbio è un viso di donna.

 

 

Non sono più di mille persone e tuttavia il loro passo lento ed il procedere silenzioso del gruppo colpisce i londinesi. I passanti si fermano ad osservarli e gli ignavi chiedono a che cosa sia dovuta quella manifestazione. Allora una donna bella, provata, con la testa coperta da un fazzoletto, porge loro sorridente i volantini firmati dallo Spanish Atrocities Committee. I londinesi interrompono la loro passeggiata per leggere quelle righe e forse più d'uno commenta, di fronte a ciò che sta leggendo, che gli inglesi avrebbero dovuto colonizzare la Spagna. La distribuzione dei libelli permette alla donna di spostarsi da un lato all'altro del gruppo e di non dover rimanere sottobraccio a suo marito. Dolors vuole pensare che l'aspetti da qualche altra parte, o che stai preparando l'intervento per il comizio conclusivo.

        Arrivano a Trafalgar Square vigilati discretamente dalla polizia a cavallo. Joseph Perry fa le presentazioni sotto una pioggia di applausi. Dolors, senza prestare attenzione all'infiammato discorso di Joan Montseny, chiede a destra e a manca del nuovo tipografo della Wertheimer & Leo Printers.

        — Ultimamente non l'ho visto.

        — È da una settimana che non si fa vivo nella casa di Soho.

        Un uomo che sfoggia un anello d'oro all'orecchio destro la afferra per il braccio, allontanandola dal gruppo.

        — Come ti chiami?

        — Dolors.

        — E il tuo compagno?

        — Jaume, Jaume Grau.

        Una scatola di cerini, un'immagine del Moulin Rouge sulla scatola.

        — Tieni, mi hanno dato questo per te.

 

        «Dolors:

        Ti invio questo messaggio per mezzo di una persona di assoluta fiducia che verrà a Londra da Parigi. Gli ho detto dove può trovarti, e di consegnarti questa lettera personalmente. Non ti ha detto di chi era in modo che tu no la rompessi o ti rifiutassi di prenderla.

        La mia vita non è stata molto felice da quando ho dovuto lasciarvi a luglio dell'anno scorso, e non parliamone da quando vi ho visti l'ultima volta. Non pensavo che fossero capaci di simili crudeltà. Non so come esprimerlo, ma mi vergogno tanto come se fossi stato io a denunciarvi alla polizia. Dico a me stesso che vi ho traditi, come se la bomba che ha scatenato questa crudele repressione l'avessi lanciata io. Se avessi saputo che sareste stati torturati, sarei rimasto a Barcellona: chi ha assaggiato il miele deve saper bere anche l'aceto.

        Lilio

 

        P.S. Sembra che questa città sia presa d'assalto dagli innamorati. Si parlano all'orecchio e poi ridono apertamente. Si amano come se avessero condiviso la tortura. Fortunatamente me ne andrò presto.»

 

 

 

© Koldo Izagirre
© Traduzione: Roberta Gozzi


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