Beste hizkuntzetako lanen zerrenda

  Traduzione: Roberta Gozzi

 

 

 

Capitolo 7

 

        Il visitatore tornò e neppure questa volta si presentò a mani vuote. Portava con sé un altro plico di documenti. Ricordando le difficoltà avute per aprire quello precedente iniziai subito a cercare un accendino.

        — Non si preoccupi, questa volta lo aprirò io — mi disse.

        Mentre era occupato in questo io iniziai a preparare un caffè. Era molto presto e un caffè caldo non gli avrebbe fatto male. La volta prima non avevo pensato ad offrirgli nulla. A causa della scarsa memoria e come conseguenza della solitudine. In queste condizioni ci si dimentica anche della buona educazione. Pensavo a tutto ciò mentre preparavo la caffettiera. E non mi sbagliavo.

        — Grazie mille — mi disse quando gli porsi la tazzina di caffè. — Niente zucchero, grazie. Lei non lo prende?

        — No — gli risposi. — Sa com'è, il cuore e tutto il resto. Cosa ha portato?

        Mi porse un documento. Capii immediatamente di che si trattava. Era la fotocopia di un certificato di morte. Mi avvicinai alla finestra, sperando che la luce del mattino potesse aiutare i miei occhi stanchi. Chi era il morto?

        — Non so se questo abbia a che vedere con il caso di Mallona — disse, unendo alle parole il gesto di accendersi una sigaretta.

        Non gli risposi. Tutta la mia attenzione era rivolta a quel documento. Il certificato di morte era stato firmato in paese, il 7 maggio del 1937.

        "Pochi giorni dopo che le nostre forze avevano perso Mundaka", dissi tra me e me.

        Poi c'erano gli altri dati abituali, vale a dire il nome del paese, il nome del giudice provvisorio e quello del segretario — maledetti fascisti! — e altri dati del genere. A parte il fatto che mancavano nome e cognome del morto, la cosa più interessante veniva subito dopo.

        — Il cadavere venne trovato in un luogo chiamato Ponte di Txorrokopunta — dissi ad alta voce. — In quel luogo mi incontrai con il Nostro Uomo. Si ricorda?

        — Sì — mi rispose secco.

        Ma la freddezza svanì subito. Dopo un secondo mi rivolse un'altra domanda.

        — È forse lui? — sembrava roso dalla curiosità.

        Continuai a leggere ad alta voce senza rispondergli.

        A quanto pareva, lo sconosciuto aveva due colpi di arma da fuoco in corpo; per il resto indossava calzoni blu e una giacca grigia, ai piedi scarpe basse nere e in tasca un fazzoletto bianco, il cadavere era vestito in modo normale. La cosa più strana erano senza dubbio le due pallottole: una alla tempia sinistra e l'altra nel petto, anche quella a sinistra.

        Dopo aver letto questo — un proiettile nel petto, a sinistra, e l'altro alla tempia sinistra — mi immaginai la morte di quello sconosciuto. Gli avevano sparato un colpo a sangue freddo e poi un altro, a sangue ancora più freddo, alla testa. Da vicino. Sul Ponte di Txorrokopunta, cioè praticamente in paese. Qualcuno doveva conoscere il suo nome. Forse proprio io.

        — Si tratta forse del Nostro Uomo? — mi chiese il visitatore.

        — Forse sì — gli risposi.

        — Niente più che: forse?

        — Silenzio! — gli ordinai, arrabbiandomi per la prima volta con lui.

        Risposi in quel modo perché ero turbato, infatti c'era un altro dato che mi aveva colpito. Il documento diceva che quell'uomo era stato sotterrato vicino alla chiesa. "Come il precedente morto, e per lo stesso motivo per cui avevano seppellito lì anche l'altro", dichiarava di seguito il certificato.

        — Non ha portato il certificato di morte dell'altro? — gli chiesi seccato.

        — Sì — mi disse, e mi porse un'altra fotocopia. — Ecco l'altro.

        Mi consegnò la fotocopia di un'altra pagina del registro dei certificati di morte. Il certificato era del 3 maggio del 1937 e, dopo aver letto la data, praticamente non avevo più bisogno di leggere il resto.

        "Il giorno della battaglia del monte Sollube", pensai.

        Avevo ragione. Il documento diceva che l'avevano sepolto vicino alla chiesa perché era il cimitero dei morti sul fronte. Come avevo pensato.

        — Fra le due morti ci sono quattro giorni — disse il visitatore.

        — Non è questo il dato più importante — gli dissi.

        — E allora qual è?

        — Ha chiesto in paese quante tombe c'erano vicino alla chiesa?

        — No.

        — Questo è ciò che deve chiedere: se vicino alla chiesa c'erano una o due tombe.

        — Lei conosce il nome del morto?

        Se anche avessi saputo il nome del morto non gliel'avrei certo detto. Non gliel'avrei detto prima di aver chiarito chi fosse, o per lo meno finché non fosse andato in paese e non fosse tornato con la risposta alla mia domanda. Ma questo avremmo dovuto rimandarlo ad un altro giorno. Intanto il visitatore era lì e voleva sapere quale fosse stata la ragione della morte del sindaco Mallona. E io volevo approfittare dell'occasione.

        — Dovrei raccontarle i fatti di quel maggio e dei giorni precedenti.

        — Quel morto sconosciuto e il caso di Mallona sono forse legati fra di loro? — mi chiese.

        Gli ordinai di tacere. E di non interrompermi. Per lo meno finché non gli avessi dato il permesso di farlo. E così gli raccontai alcuni avvenimenti di quella primavera del '37. Certi li conosceva già, molti altri invece no. Questi ultimi sono quelli che fino ad ora ho tenuto per me.

 

 

© Edorta Jimenez
© Traduzione: Roberta Gozzi


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